Il labirinto verde

Un libro aperto fatto di foglie, un intreccio di siepi su un tappeto di ghiaia. C’è tutto Jorge Luis Borges nel chilometro di labirinto che porta il suo nome, alla Fondazione Cini, realizzato dieci anni fa e da qualche settimana percorribile da un capo all’altro, per perdersi e ritrovarsi, tempo medio quindici minuti. 

Progettato dell’architetto inglese Randoll Coate su richiesta della vedova Borges, Maria Kodama, che desiderava ricordare l’amore del marito per Venezia con qualcosa di inconsueto, il labirinto è ispirato al racconto dello scrittore argentino “Il giardino dei sentieri che si biforcano” ed è composto da oltre 3200 piante di bosso alte novanta centimetri. 

Un’architettura verde che racchiude i simboli di Borges. Un bastone, gli specchi, due clessidre, un enorme punto di domanda, la tigre, il nome Jorge Luis e le iniziali di Maria Kodama. Piegate dalle cesoie dei giardinieri fino all’ultima foglia, le siepi sono disposte in modo da formare il nome Borges, come nella pagina di un libro.

In occasione dei dieci della sua creazione, dei trentacinque anni dalla scomparsa di Borges e dei settant’anni della Fondazione Giorgio Cini, il labirinto si lascia attraversare, scoprire, accarezzare. Ad accompagnare i visitatori, la suite del compositore Antonio Fresa, “Walking The Labyrinth”: quindici minuti di musica fino alla via d’uscita.

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