Ca’ di Dio, venite in pace

La storia si ripete, s’infila nei corridoi monacali, sale su nelle altane, scende nei giardini silenziosi, nell’orto di primizie, si affaccia a quattrocento finestre e riporta l’antico rifugio per pellegrini diretti in Terra Santa, poi Casa di riposo, a luogo d’accoglienza.

Ca’ di Dio, in Riva degli Schiavoni, è restituita a Venezia dopo due anni di restauro, un investimento di 25 milioni di euro e la saggezza dell’architetto e interior designer Patricia Urquiola che ha conservato tutto quello poteva dell’immenso edificio sul quale, cinque secoli fa, pose la sua firma Jacopo Sansovino.

Lì dove si pregava, ora c’è la lobby dell’albergo a cinque stelle (quarto in Italia della collezione VRetreats, brand di VOIhotels, gestito da Alpitour) sovrastata da un lampadario a tre vele realizzato con 14 mila cristalli di vetro di Murano. Lì dove si digiunava, c’è il ristorante Vero, con menu a metro zero e il soffitto tessile di pesci e ortaggi.

Nel luogo di devozione, c’è la sala lettura, con i libri che si confondono tra i vetri. Al posto delle gelide celle, si allineano sessantasei camere arredate per sottrazione. Pareti bianche, tessuti (Rubelli) con i colori della laguna, specchi invecchiati, piccoli tavolini, il pouf e uno spruzzo di rosa moceniga sul cuscino.

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