Venezia di ferro e fuoco

Grate, inferriate, serramenti; un ricamo indistruttibile forgiato nel fuoco, un merletto di ferro che corre su porte, finestre, cancelli, ponti, giardini.

Arriva da un tempo remoto, intorno all’anno Mille, la prima notizia sull’esistenza di una corporazione di fabbri a Venezia che, protetta da ben quattro santi per non sbagliare, riuniva anche figure ormai perdute come gli arrotini, i calderai, i ferrivecchi.

Nei secoli la corporazione prosperò fino ad avere un altare nella chiesa di San Moisè e una Scuola dietro la chiesa, indaffaratissima a piegare, saldare, curvare il metallo nelle fucine.

Nonostante le severe norme antincendio della Serenissima, e contrariamente a quanto accadde per le vetrerie trasferite a Murano, le officine fabbrili rimasero sempre in centro storico poiché ritenute essenziali per la vita della città.

La corporazione

Nel 1773 l’arte dei “fravi” contava in laguna 224 botteghe con 573 iscritti tra capi-mastri, garzoni, lavoranti che producevano tonnellate di barre per le inferriate “alla galeotta“, come quelle dal peso incalcolabile delle Prigioni, o modellate con motivi più decorativi per le ringhiere dei ponti, le cancellate dei palazzi, le casseforti delle banche, la prua delle gondole.

Calle dei Fabbri, la riva del Ferro, la corte de le Ancore, calle del Calderèr raccontano quanto la Scuola fosse attiva e ricca; ricca e severissima nei confronti dei confratelli che sgarravano, punendoli con multe e bando in perpetuo.

La potenza del ferro non è bastata a difendere i suoi artefici, che nel 1963 erano 47 e oggi sono solo cinque, secondo i dati di Confartigianato, addirittura dimezzati rispetto al 2022 quando i fabbri erano 12 e gli artigiani di altre lavorazioni di metalli 22.

Le insegne sono piano piano scomparse, ma non l’orgoglio delle aziende storiche che vantano secoli di lavoro tra le scintille, di nonno in padre, di padre in figlio, come Bertoldini & Torre, attiva da oltre quattrocento anni, e l’Officina Marco Tenderini, di cui esiste una fattura per il Convento San Sebastiano datata 1682.

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  1. Rattrista pensare a questi ultimo eroi dell’ artigianato.
    Dopo loro il deserto sebbene i manufatti veneziani siano in tutto il mondo e la città abbia bisogno di artigianato perché la peculiarità di Venezia è proprio quella di avere tutte le porte, i portoni e le finestre irregolari, non in bolla .
    Il mestiere è faticoso richiede resistenza anche alle forti temperature alle quali viene sottoposto il materiale.
    Venezia rimani baluardo, città fantastica del ferro, del fuoco, dell’acqua…tutto cambia , ma tu no non vogliamo che cambi, tu sei unica! Come potrebbe nascere un altro Carlo Scarpa altrimenti?

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