Florian, 300 anni a fumetti

Poco è cambiato; non i vassoi d’argento ovali, chiamati “paese” per portare fino a otto ordinazioni, o “mezzo paese” per sei tazze accompagnate da biscotti e tovagliolini, né le divise dei camerieri, giacca bianca la mattina, frac e smoking dalle 15, né la densità della cioccolata.

Il tempo è passato con mano gentile al numero 57 di Piazza San Marco, dove per trecento anni (più quattro) si è affacciata la vita della città senza mai annoiarsi.

Il fumetto

Il Caffè Florian si festeggia con comprensibile ritardo (causa pandemia) e lo fa raccontandosi attraverso la graphic novel di Valerio Held, disegnatore di Disney Italia, intitolata “Florian 300” (15 euro), testi di Giorgio Figus, 44 pagine che finiscono troppo presto.

E certo il libro – presentato dall’amministratore delegato Marco Paolini, il direttore artistico Stefano Stipitivich e l’autore stesso – sarebbe piaciuto immensamente a Floriano Francesconi che il 29 dicembre 1720, con un’intuizione che fece scalpore, aprì due sale senza vetrate sotto le Procuratie Nuove chiamando il locale Alla Venezia Trionfante, un filo pomposo, e difatti presto semplificato in Florian.

Il caffè, come narra il fumetto, vide di tutto: gli ultimi splendori e la caduta della Repubblica Serenissima, le cospirazioni contro il dominio francese e poi quello austriaco, i moti del 1848 che trasformarono il caffè in ospedale.

Caffè e pettegolezzi

Nobiluomini, artisti, letterati, avventurieri, ambasciatori, semplici cittadini sedevano gli uni accanto agli altri, anche al freddo, a bere, discutere, spettegolare, fino a quando Floriano Francesconi, annusando nell’aria possibili concorrenti, ingrandì il caffè e lo abbellì.

Poco dopo la metà del 1800 la famiglia vendette il locale a Vincenzo Porta, Giovanni Pardelli e Pietro Baccanello che affidarono la ristrutturazione completa degli interni all’architetto Lodovico Cadorin dell’Accademia di Belle Arti.

Le sale diventarono sei, una infilata nell’altra, quella del Senato nella quale nacque la Biennale, la Sala Cinese, la Sala Orientale, quella degli Uomini Illustri con i ritratti a olio dei personaggi veneziani famosi; e poi la Sala delle Stagioni, con i due specchi che si riflettono all’infinito, e la Sala Liberty dei primi del Novecento.

Qui passarono Carlo Goldoni e il rivale Carlo Gozzi; qui trascorse giorni e notti ad amoreggiare e spiare Giacomo Casanova; e ancora Antonio Canova, Ugo Foscolo, Lord Byron, Charles Dickens, Marcel Proust, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Thomas Mann, Oscar Wilde.

Le tazze di porcellana

Le tazze di porcellana del Florian hanno sfiorato le labbra di Elisabetta II, Coco Chanel, Gina Lollobrigida, Catherine Deneuve, Liza Minelli, fino ai divi della Mostra del Cinema, da Mel Gibson a Jude Law.

Dietro il foltissimo quaderno degli ospiti, il lavoro dei cento camerieri che servono 550 posti, tra sale interne, galleria, plateatico, e quello, invisibile, di cuochi e pasticceri. Il laboratorio, infatti, è a San Lio: dolci, torte, club sandwich, semifreddi, gelati arrivano ogni giorno dentro i contenitori, a braccia o sui carri. Un caffè al banco costa 3.50 euro, al tavolo 7, storia inclusa.

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  1. Bello attraversare la storia sotto casa, nulla è scontato ma la Magia dei tempi e di Venezia diventa più palpabile…

  2. Trecento anni portati egregiamente direi e un luogo in cui anche ai tempi austeri della Serenissima potevano entrare le donne… che ci fosse lo zampino di Casanova?
    Come siamo pettegoli noi veneziani!

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