Dalla tela alla tavola, dalle pennellate di colore al fuoco delle fornaci, il “Convito in casa di Levi” di Paolo Veronese alle Gallerie dell’Accademia scende dal dipinto e diventa uno stupefacente banchetto di vetro.
Oltre duecento oggetti, usciti come un prodigio dalle mani dei maestri muranesi nell’arco dell’ultimo secolo, animano la cena fatta di aria e luce, servita senza pietanze, senza camerieri, senza rumore di stoviglie.
L’installazione monumentale site-specific “Convito di vetro”, nata da un’idea del direttore Giulio Manieri Elia in collaborazione con la Fondazione Pentagram Stiftung, curata dalla storica dell’arte Sung Moon Cho e presentata in occasione di The Venice Glass Week, riflette sulla lunghissima tavola la sontuosità del telero di Veronese, inizialmente concepito per rappresentare l’Ultima cena e quindi, di fronte alla censura del Sant’Uffizio, trasformato in un laico banchetto rinascimentale.
E, certo, tutti cenavano che era una meraviglia, tanto in casa Levi quanto nei palazzi veneziani, a giudicare dai 32 servizi in mostra, disegnati da 27 artisti, provenienti da collezioni pubbliche e private, raccolti dopo una ricerca durata due anni.
Bicchieri, caraffe, piatti, coppe, alzate, brocche, saliere, candelieri, bomboniere, fiori, frutta e ortaggi sparsi su una tovaglia bianca che richiama quella del dipinto nel quale – tra una portata e l’altra – un commensale non educatissimo (orrore) infila la forchetta tra i denti.
Cinque secoli più tardi, il convito di vetro racconta di altre tavole imbandite, di inviti che non arrivavano via mail ma su cartoncini scritti a mano, di squisite cortesie per gli ospiti.
L’allestimento della cena seguiva un cerimoniale tutto suo: i preparativi dovevano essere una festa per gli occhi, predisporre a conversazioni interessanti, rinsaldare amicizie, favorire un buon appetito.
In mostra (fino al 3 novembre) i pezzi disegnati da Vittorio Zecchin e prodotti dalla V.S.M Cappellin-Venini & C., la modernità di Carlo Scarpa con i funghi in vetro sommerso o corroso con foglia d’oro, i frutti di Napoleone Martinuzzi, le brocche con canne di vetro accostate di Gio Ponti, il servizio Lidia di Nason & Moretti, le creazioni di Salviati & C., la serie “Sei sensi” di Laura de Santillana, i “goti”di Marie Brandolini d’Adda che in tanti hanno provato inutilmente a imitare; e guai a romperne uno.
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